Il nuovo film di Johnny Depp, The Libertine, racconta la storia
di un seduttore che gli somiglia. Anzi, gli somigliava. Fino a che punto ce lo spiega lui stesso, in un'intervista senza pudore
Johnny Depp ti guarda dritto negli occhi ed esclama: «Non vi piacerò affatto. Non voglio piacervi». Inizia così il suo nuovo film, The Libertine, la storia del poeta del Seicento inglese John Wilmot, duca di Rochester. Dove Johnny ce la mette tutta a disgustare il pubblico nei panni di un uomo geniale e sregolato che spreca il suo talento, si stordisce con il sesso e si autodistrugge con l’alcol, per finire devastato dalla sifilide. Eppure è impossibile non fare un po’ il tifo per lui e Depp una spiegazione ce l’ha: «Wilmot è un’anima torturata, che nelle trasgressioni cerca una via di fuga dai suoi demoni interiori. So di che cosa sto parlando: anche io, in fondo, sono così». A guardarlo non si direbbe. Sguardo mite, aria fragile e stralunata, più che il solito attore vanesio, Johnny dà l’impressione di un ragazzo appena uscito dal letto.
Johnny, lei oggi è un uomo felice, innamorato, padre di due bambini. In che senso dice di assomigliare al duca di Rochester?
«Lui è morto, alcolizzato e malato, a 33 anni. Io oggi ne ho 42 ma se non avessi smesso di bere, non so se sarei arrivato vivo a questa età. È un personaggio che sento di conoscere bene. Abbiamo vissuto esperienze molto simili».